Camminando nella Grande Guerra | Cima Marzola
Posta fra la Valle dell’Adige e la Valsugana, la Marzola rappresentava per gli austro-ungarici una delle cime della cintura fortificata attorno a Trento. Diversi sono quindi i resti militari visibili su questa montagna. Continua la rubrica “Camminando nella Grande Guerra”, in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto
A pochi passi dalla città di Trento, la Marzola rappresenta un altro tassello della cintura fortificata costruita dal Genio militare austro-ungarico (QUI, QUI e QUI gli approfondimenti sul Monte Calisio, il Monte Celva e il Monte Sorasass). Immaginato come baluardo contro un’eventuale invasione italiana dalla Valsugana, questa cima presenta non a caso numerose opere militari; un sistema di forti (Brusaferro e Doss Fornas) difendeva ad esempio l’ingresso in città dalla Valsorda.
La montagna fu dunque oggetto di pesanti interventi, cominciati già negli anni ’80 del XIX secolo. Le più impattanti trasformazioni avvennero però tra il settembre 1914 e il maggio del 1915 in preparazione dell’atteso conflitto con il Regno d’Italia. Come noto, tuttavia, la Prima guerra mondiale non arriverà a toccare la città di Trento, trasformata in un’enorme e inespugnabile caserma nelle retrovie (QUI un approfondimento).
Prima di addentrarci sui sentieri della Marzola diamo, come solito nella rubrica “Camminando nella Grande Guerra”, alcune informazioni sul percorso. L’itinerario proposto in questa puntata prende avvio dal Rifugio Maranza (1072 metri), sviluppandosi con un dislivello piuttosto impegnativo fino al punto culminante della cima Nord (1737 metri). Il tempo di percorrenza, in un percorso tutt’altro che adatto a tutte le gambe (visti i tratti anche molto erti), è di circa 4/5 ore. Si consiglia, inoltre, di intraprenderlo dal mese di maggio alla metà d’ottobre.
Partiti dal rifugio, raggiungibile in auto attraverso l’abitato di Povo e il passo del Cimirlo, l’itinerario in questione comincia imboccando il sentiero 246 che ripidamente (almeno in un primo momento) sale nel bosco in direzione Malga Nova, tuttora bivacco sempre aperto utilizzato in passato, a partire dagli anni ’20, come riparo per il bestiame. Da qui il sentiero si fa più gradevole e prosegue fra boschi di faggi e aperture panoramiche su Trento e la valle dell’Adige fino ad arrivare agli “Stoi” del Chegul.