Camminando nella Grande Guerra | Rovereto, città della memoria
Rovereto accoglie fra le sue strade e piazze un’ingombrante memoria del primo conflitto mondiale. Lapidi, bombe inesplose, busti ai “martiri dell’irredentismo”, perfino “leoni di San Marco” in ricordo della breve dominazione veneziana, testimoniano l’alacre lavoro svolto, soprattutto nel primo dopoguerra, per rimarcare l’italianità della città. Prosegue con un percorso cittadino la rubrica “Camminando nella Grande Guerra”, in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra.
Passeggiando per la “Città della Quercia”, è impossibile non imbattersi nella memoria della Grande Guerra. L’odonomastica, le tante targhe affisse sui palazzi del centro, la grande campana che domina la città, tutto sta a ricordare non solo il sacrificio compiuto da Rovereto nel dramma del primo conflitto mondiale, ma anche l’impronta data nel corso del regime – e non solo – alla memoria di quanto vissuto dal territorio trentino.
Più di ogni altra città del Trentino, Rovereto rispecchia l’esperienza totale e devastante della Grande Guerra; e, ancor più, l’asimmetria fra la memoria ufficiale di una terra “redenta e liberata” – a detta di chi ne sosteneva l’italianità – e quella privata, marginalizzata e nascosta di una popolazione trovatasi – in divisa o da civili, comunque in grande maggioranza – dalla parte degli sconfitti. Il contesto politico, del primo dopoguerra liberale e soprattutto del regime fascista, determinò così le forme e le modalità del ricordo.
Rovereto fu, fra il maggio del ‘15 e il novembre del ’18, territorio del fronte. La popolazione sfollata verso l’Impero, nei villaggi di Boemia e Moravia o nelle “città di legno” in Austria, in condizione abitative e sanitarie disastrose. A partire, soprattutto anziani, bambini e donne, custodi, quest’ultime, delle fratture e dei traumi di intere comunità.